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Sicurezza sul lavoro e Covid-19: il passaggio alla fase 2

Prime attenzioni necessarie in materia di salute e sicurezza dei lavoratori per la gestione del processo di transizione dalla c.d. Fase 1 alla c.d. Fase 2 dell’emergenza da Coronavirus

Attendevamo la c.d. “Fase 2” che, era stato detto, si sarebbe avviata in modo graduale, anticipata da tavoli congiunti tra Governo, scienziati e Parti sociali per la definizione di modalità e criteri di ripartenza scaglionata delle attività e dei rientri da parte delle lavoratrici e lavoratori.

Se, però, dal DPCM del 22 marzo u.s. l’elenco delle attività “consentite” è andato progressivamente e repentinamente ampliandosi, per decreto, ma anche per “non sospensione” o “silenzio/assenso” da parte dei Prefetti, le regole e le indicazioni operative non sono giunte con altrettanta rapidità e tempestività.

Ci siamo, così, trovati ad oggi con l’arrivare in corsa nella c.d. “Fase 2”, essendo forse (o, più correttamente, non essendo ancora) terminata la c.d. “Fase 1”, pur a fronte dei dati ancora preoccupanti (al di là di non insignificanti segnali positivi) che la Protezioni civile puntualmente comunica e il confermato divieto fino al 3 maggio del lockdown.

Molti, quindi, i lavoratori, pronti all'alba, alla prosecuzione delle attività lavorative o al riavvio di quante attività rimaste sospese dalla fine di febbraio.

Come sappiamo, il Protocollo condiviso del 14 marzo, divenuto vincolante erga omnes nei contenuti, per specifica volontà del legislatore del DPCM del 22 marzo (decreto oggi non più efficace e sostituito dal DPCM del 10 aprile u.s., nel quale è stato riconfermato il medesimo precetto – art.2, co.10), ha realizzato,  mediante un accordo tra le Parti sociali e il Governo, a soli tre giorni dal DPCM dell’11 marzo, quanto in esso veniva caldeggiato, invitando le Parti a trovare intese (art.1, co.9) per individuare regole condivise al fine di porre in essere “misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale”.

Indicate le regole operative volte alla realizzazione di misure precauzionali, attuate nel rispetto delle prescrizioni del legislatore e delle indicazioni dell’autorità sanitaria, considerato l’obiettivo del contrasto al COVID-19, prevedendo la prosecuzione delle attività lavorative solo potendo garantire condizioni tali da assicurare, a tutte le persone occupate, adeguati livelli di tutela della salute, si è avviato il processo di elaborazione e attuazione del Protocollo di sicurezza anti-contagio, nelle diverse realtà lavorative, attraverso l’impegno e la collaborazione dei componenti del Comitato, preposto in ogni azienda a tale fondamentale ed urgente intervento.

Rappresentando ancora oggi, e per i prossimi tempi, uno strumento fondamentale per la definizione delle regole specifiche volte al determinare operativamente il contrasto (o, almeno, il più ampio possibile  contenimento) della diffusione del COVID-19, il Protocollo aziendale anti-contagio, confermato quale “misura urgente” dal recente D.L. n.19 del 25 marzo u.s. (in via di conversione), è andato innestandosi nel sistema organizzativo e gestionale delle realtà lavorative, apportando quelle attenzioni e necessarie procedure volte, potremmo dire, alle “sole” urgenti e specifiche finalità precauzionali riferite al fronteggiare il possibile contagio.

Con l’avvio della c.d. Fase 2 (nelle modalità “transitorie” dapprima descritte), considerato che non sarà breve il tempo nel quale dovremo “convivere” con il potenziale rischio di contagio, nel mentre si tornerà allo svolgimento della attività lavorative (parzialmente o totalmente), è ovvio che occorre intervenire in modo strutturale nelle realtà lavorative, modificando/aggiornando non solo le regole e le procedure, in modo meno emergenziale di come fatto fino ad ora, ma agendo in modo sicuramente più completo e, per alcuni aspetti, radicale, trasformando i processi produttivi e rivedendo profondamente l’organizzazione del lavoro (quindi, ritmi, tempi, carichi di lavoro…formazione…), così come la gestione degli spazi (spogliatoi, aree marcatempo, mense-bar, aree fumatori, parcheggi…), il lay-out dei luoghi di lavoro (dagli uffici, ai corridoi, ai reparti…), le attrezzature/macchine. Trasformazioni che di certo richiederanno in molti casi anche un profondo ripensamento dei modelli contrattuali, delle relazioni sindacali, delle modalità di lavoro e lo svolgimento di molte mansioni. Non tutto, dobbiamo saperlo, potrà/dovrà tornare come prima.

Ponendo a cardine centrale il pieno rispetto dei due principi essenziali di precauzione:

  • la distanza minima di sicurezza interpersonale (di almeno un metro e oltre, se contatto frontale);

  • l’igiene costante delle mani (mediante utilizzo di acqua e sapone e, in mancanza, di detergenti a base alcolica),

in attesa di linee direttrici certe e univoche (a carattere dispositivo e a base scientifico) emanate dal tavolo nazionale preposto a tale fine, è opportuno evidenziare alcuni elementi di criticità che dovranno ricevere attenzione nelle realtà lavorative impegnate nello svolgimento delle attività, prevedendo un’adeguata regolamentazione e la definizione di specifiche procedure necessarie, salvaguardando non solo la tutela della salute delle lavoratrici e lavoratori, ma anche la sicurezza e il non verificarsi di forme di discriminazione, dirette e indirette, così come anche di penalizzazione, sul fronte economico, sociale, familiare, andando a comprimere e a sacrificare il rispetto della persona e la sua centralità nel lavoro.

A tale riguardo, allo stato attuale delle attività e in vista della graduale complessiva ripresa,è opportuno che,nel procedere all'elaborazione/applicazione del Protocollo aziendale anti-contagio(da parte del Comitato),si lavori sui seguenti punti di attenzione:

- VALUTAZIONE DEL RISCHIO E MODIFICA DEL DVR;

-ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, VIE DI ACCESSO/TRANSITO/USCITA E SPAZI COMUNI

- DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI (DPI);

- FORMAZIONE;

-SORVEGLIANZA SANITARIA - SOGGETTI FRAGILI;


In sintesi,nel doversi adoperare per garantire la stipula del Protocollo di sicurezza anti-contagio in ogni realtà lavorativa, che stia svolgendo le attività o che sia in riavvio,promuovendo la costituzione del Comitato,e assicurando tale processo(per quanto possibile)anche nelle realtà lavorative nelle quali non vi è la presenza sindacale,al fine di porre in essere una tutela adeguata per tutti gli occupati per il contrasto al contagio al Covid-19,occorre predisporsi, stimolando i contesti lavorativi,all'accompagnare in modo adeguato il passaggio dalla fase emergenziale, alla fase di gestione ordinata e strutturata del problema, predisponendo e pianificando il cambiamento che potrà/dovrà, in alcuni casi, avere anche il carattere di permanente(non necessariamente di segno e valore negativo), anziché solo temporaneo, seppur dai tempi, comunque, medio-lunghi.


FONTE : PUNTO SICURO

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